Stando ai dati Eurispes, dal 2015 all’anno 2022 il numero di persone che ha deciso di accogliere in casa più di un animale è raddoppiato. Sarebbero quattro italiani su dieci ad avere nella propria casa uno o più animali. Nel dettaglio: il 37,8% sarebbe costituito da coppie con figli e il 36.5% da mono-genitori con figli.
Un fenomeno che ha subito un’impennata nella fase pandemica del 2020, durante la quale molti italiani, a causa degli estenuanti obblighi di distanziamento sociale e conseguente incremento del tempo libero, hanno ceduto alle lusinghe della vita casalinga, allietata dalla presenza di almeno un animale domestico. Esiste tuttavia anche una cospicua fetta di persone che ha dichiarato di essere ricorsa all’adozione esclusivamente per pura convenienza, al fine di beneficiare delle autorizzazioni all’uscita durante il periodo di lockdown.
Una recente indagine statistica chiarisce le preferenze di gusti degli italiani: il 44.7% vive con un cane, il 35,4% predilige il gatto, il 5.1% possiede un pesce, che a sorpresa da due anni è preferito agli uccelli (4.2%), seguono le tartarughe preferite dal 2.6% degli italiani, i conigli dal 2%, i criceti dal 1.1% e in ultima posizione i porcellini d’india che da cavia di laboratorio sembra abbiano ottenuto nuove chance di vita grazie alle adozioni.
Secondo uno studio scientifico condotto dal National Institute of Healt degli Stati Uniti, cani e gatti allungano la vita apportando benefici in ambito psicologico e psicofisico. La scienza sostiene che la vita accanto ad un animale da accudire si allunghi, che cani, gatti, uccelli, conigli portino vera e propria gioia nella vita delle persone che vedrebbero aumentare del 6.6 % la percentuale di ossitocina, l’ormone fonte di calma e rigenerazione, e pertanto una considerevole riduzione dello stress.
Instaurando un rapporto empatico con l’animale accolto, molti individui dichiarano di imparare a comunicare semplicemente con la gestualità, modulando il tono della voce o calibrando il potere di un semplice sguardo. La vita in famiglia con un “pelosetto” può avere inoltre risvolti di tipo educativo, formativo: basti pensare alla pet terapy, efficace metodo riabilitativo rivolto a bambini, malati e anziani. Inoltre, la vita con un animale domestico ridurrebbe inoltre il rischio di infarti, ictus e malattie cardiovascolari in genere.
C’è anche un aspetto socio-culturale da considerare nella rappresentazione del fenomeno: l’evoluzione del ruolo dell’animale, che in passato veniva addomesticato solo a fini utilitaristici per vantaggi esclusivamente di tipo pratico. “Il cane serviva, era utile e, in quanto discendente dal lupo, aveva una funzione di difesa degli animali da pascolo oltre che personale; il gatto teneva lontani i topi dalle abitazioni”. Negli anni questa funzione di tipo utilitaristico si è arricchita di un valore affettivo: il cane, il gatto o qualsivoglia altro animale accolto costituisce un valore aggiunto alla esistenza umana.
Il cambio di paradigma è cristallizzato anche nella legge 1 dell’11 febbraio 2022 che ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione in tema di tutela dell’ambiente e degli animali. Nello specifico, l’articolo 9 è stato così integrato: “La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, e la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali“. E’ una rivoluzione di valore che segna il passaggio da una concezione materialista della sfera ambientale e animale, elevando la dignità sociale di entrambi e questo vale non solo per la categoria degli animali da compagnia.
Ma è l’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea che introduce in maniera inequivocabile la tutela degli animali in quanto esseri senzienti: “nella formulazione e nell’attuazione delle politiche … l’Unione, e gli Stati membri, tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti”. Ecco un nuovo aggettivo, figlio di una rivoluzione culturale partita dagli Anni ’70, che ha interessato la generazione animalista, vegetariana, vegana. L’art. 13 rappresenta un fondamento giuridico molto importante nell’ambito dell’ordinamento europeo in quanto è la stessa Corte di Giustizia a pronunciarsi ritenendo la tutela del benessere animale come “un obiettivo legittimo di interesse generale”.
In questo scenario evolutivo del rapporto tra essere umano e animale, è da annoverare anche una corrente di pensiero che fa capo al cosiddetto Movimento Antispecista, che ritiene non ci sia alcuna distinzione tra la specie umana e le altre. Come osserva Gianfranco Mormino, professore di Filosofia morale alla Statale di Milano, in un’intervista rilasciata all’organizzazione no profit essereanimali.org “essere antispecisti vuol dire opporsi alla sopraffazione e all’uso della forza da parte di chi è in una posizione di potere contro chi è più vulnerabile” .
Ma cosa ne penserebbe uno psicoterapeuta di alcuni eccessi del rapporto uomo–animale nell’era della senzienza e dell’antispecismo? Gli eccessi rientrano nel cosiddetto antropomorfismo che si manifesta quando l’amore nei confronti degli animali assume proporzioni squilibrate, quando vi è la tendenza ad uniformare lo stile di vita dell’animale a quello del “padrone”, con conseguenze anche sulla psiche del primo.
L’umanizzazione dell’animale genera un amore malato. Considerare il proprio cane pari al proprio figlio o considerarlo una soluzione tascabile nel caso di una mancata maternità, è un tema affrontato anche da Papa Francesco, il quale ha espresso il suo disappunto nei confronti dei genitori che rinunciano alla genitorialità ma spalancano le porte della loro esistenza accogliendo animali da compagnia e sostituendoli ai futuri figli.