Il 27 giugno scorso i sistemi di sorveglianza radar taiwanesi hanno prontamente segnalato l’insolita presenza di due fregate russe naviganti all’interno dell’omonimo stretto. Le due navi da guerra, sebbene inquadrate all’interno della flotta pacifica russa ancorata a Vladivostok, solcavano acque per loro inusitate, in un settore di non primario interesse per Mosca. Quadrante che invece risulta di prioritaria e conclamata importanza per Pechino, che dall’invasione russa dell’Ucraina ha costantemente intensificato la pressione aeronavale sull’isola ribelle di Taiwan con incursioni ripetutesi regolarmente. Solo nell’ultimo mese, le forze armate del dragone hanno effettuato più di ottanta sortite aeree e trenta navali a ridosso di Taiwan. Pechino di fatto, dopo uno choc iniziale derivante dall’azione militare del Cremlino iniziata il 24 febbraio 2022, sta ora traendo enorme giovamento dalla situazione venutasi a creare dall’inizio del conflitto. Le speranze per il Dragone sono che il conflitto possa proseguire più a lungo possibile, ottimisticamente livellando l’intensità quel tanto che basta da non prevedere un’escalation militare, mantenendo però al contempo Washington sufficientemente distratta dalle sirene di guerra ucraine. Con l’egemone americano impantanato nel fornire soccorso a Kiev, Pechino sta beneficiando di un allentamento della pressione marittima statunitense nell’Indo-Pacifico.
Altresì l’avventura moscovita in terra d’Ucraina sospinge sempre di più la Russia verso la Cina, in un ruolo di silente subalternità. Gli effetti collaterali a oltre un anno dall’inizio del conflitto hanno visto Mosca costretta a svendere i propri idrocarburi a Pechino, per finanziare il suo sforzo bellico. La precaria situazione venutasi a creare a Mosca, a seguito della pelosa spallata di Prigožin inferta al Cremlino, ha svelato le crepe di quello che veniva considerato un blocco monolitico agli occhi del mondo occidentale. L’evento non ha scosso solo le cancellerie del Patto Atlantico: anche a Pechino l’eco del (quasi) tentato colpo di stato della Wagner ha risuonato gravemente, accendendo più di un campanello d’allarme. Il clamore dell’Affaire Wagner pone seri dubbi a Pechino circa la stabilità del suo partner euroasiatico. La storia d’altronde lo insegna, il propellente delle rivoluzioni in Russia, sono i conflitti che Mosca non riesce a vincere. L’amicizia senza limiti rimarcata da Xi Jinping e Putin alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina è oggi sull’altare sacrificale del pragmatismo cinese; Pechino non ha alcuna intenzione di farsi trascinare in un conflitto diretto con l’Occidente per il ginepraio ucraino in cui Mosca si è incastrata.
L’eventuale mancato sostegno cinese alla Russia, farebbe sprofondare il Cremlino in un ulteriore stato d’isolamento internazionale difficilmente colmabile. È in questo quadro di incertezza e diffidenza del Dragone che Putin cerca di ricucire il rapporto. L’invio delle fregate battenti il tricolore panslavo russo nelle acque territoriali di Taiwan deve essere osservato mediante una lente ben precisa: Mosca è disposta a fare la sua parte nel rinnovato contesto bipolare instauratosi dopo il 24 febbraio 2022.
A una sempre più diffidente e imbarazzata Cina, spettatrice del terremoto in atto nella turbolenta Federazione russa, Mosca verosimilmente tenta di rispondere con un’azione simbolica che lanci un segnale a Pechino. Il colpo di testa dello Chef di Putin, l’azione delle milizie partigiane antiputiniane a Belgorod e l‘utilizzo di metodi di guerra non ortodossa da parte dei comandi russi (le stragi di civili ucraini, il sospetto allagamento della diga di Nova Kachovka e l’uso della centrale nucleare di Zaporižžja come leva ricattatoria) dipingono un quadro a tinte fosche che rischia di inquinare l’amicizia senza limiti sino-russa. Con un tempismo quasi sospetto, il giorno seguente all’avvistamento delle due fregate al largo delle coste taiwanesi, il Ministero della Difesa russo ha rilasciato il video delle esercitazioni navali svoltesi tra il 5 e il 20 giugno tra il Mar del Giappone e il Mare di Okhotsk (tratto ricomprendente le contese isole Curili, fonte di disputa aperta tra Tokyo e Mosca). Le esercitazioni della flotta pacifica russa, unite al passaggio delle due fregate nello stretto di Taiwan hanno carattere altamente dimostrativo. Soprattutto il secondo evento potrebbe tradire la necessità da parte di Mosca di mostrare al partner sinico la propria affidabilità, messa in ombra dagli ultimi accadimenti interni, che con il loro effetto tellurico ancora scuotono le fondamenta del potere russo. Spingere le proprie navi da battaglia a lambire le coste di Taiwan, vera spina nel fianco di Pechino, che tarpa le velleità talassocratiche cinesi, è forse il segnale che Mosca tenta di dare per rassicurare il Dragone che l’orso russo ha traballato ma è ancora in piedi, pronto a fare la sua parte nella deterrenza antioccidentale.
