Il sarcasmo di queste strofe (che vi invitiamo a leggere con intonazione rap) fotografa con dissacrante realismo la nostra attuale condizione di cittadini “sorvegliati”, invitandoci a una riflessione critica sull’inganno che ogni giorno penetra le nostre sfere individuali e infetta come un virus invisibile le nostre coscienze. (La vignetta è della nostra Roberta Gelsomino, “Matita di fuoco”).
Privaci, privaci dei nostri dati,
che con le norme son tutelati.
È garantita la cancellazione,
basta una mail come semplice azione.
Se poi un giorno qualcuno a dispetto
vìola la norma senza neanche un sospetto
la posta si gonfia di spam e monnezza
ma comunque c’è sempre la riservatezza.
Allora manda sicuro davanti al garante
la mail coi dati che vuoi riservati,
e con tutta la tua sicumera
scrivi che non vuoi più ricevere mail né al mattino e neanche alla sera.
Sentiti forte dei tuoi diritti
che garantiscono la riservatezza,
senza sapere che l’indomani ti troverai ben altra monnezza.
E allora privaci, privaci dei nostri dati,
vendili in giro nei supermercati.
Normaci, normaci, perché non siam capaci
e meritiamo pene per i nostri peccati.
Se però alla fine capisci le cose,
ovver che i tuoi dati sono andati venduti
a lacchè, stronzi e cornuti
senza che niente tu abbia incassato
ma solamente ti han depredato,
non te la prendere con il garante
che certamente era il mandante,
ma apri gli occhi e ricorda ben bene
che se non sei in grado di capacitarti,
financo di autodeterminarti,
la giostra continua a girare sicuro
nel posto che sanno essere sempre il tuo culo.
Allora alzati e davanti allo specchio
comincia tu a portarti rispetto
e se le cose le vuoi cambiare
la devi smettere di delegare,
perché è solo con grande umiltà
che ci si assume la responsabilità
di essere noi i creatori di tutti quanti questi dolori.
Ma se consapevole tu diverrai
allor nella trappola non finirai
e ogni cosa avrà un solo senso,
quello basato sul tuo solo consenso.
Perché è di quello che hanno bisogno
e senza il quale non posson far niente
né muovere foglia senza che tu lo voglia.
Allora alzati in piedi e senza esser chino
digli che sai di essere divino
e che il consenso che ti voglion rubare
non sei più disposto né voglioso di dare.
Allora niente potrà essere fatto,
né tantomeno alcuno misfatto
all’uomo libero che con sapienza
ricorda di esser immerso in una sola coscienza,
che dall’eterno ci avvolge tutti
perché noi siamo i suoi divini frutti.v