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Il Senso geopolitico degli approvvigionamenti polacchi

Carlo Andrea Mercuri

Quando il 24 febbraio 2022 le truppe russe davano avvio all’Operazione Militare Speciale i peggiori timori polacchi si sostanziavano nuovamente. L’invasione ucraina altro non era, agli occhi di Varsavia, che l’ultimo tassello di una chiara strategia egemonico-regionale da parte di Mosca, imperniata in un’area da sempre dichiarata di suo esclusivo interesse. Per Varsavia, infatti, le mire egemoniche russe si erano già palesate plasticamente nel lontano 2008, con la guerra lampo in Georgia, che costò a Tbilisi la doppia decurtazione territoriale di Ossezia del Sud ed Abcasia, nel silenzio imbarazzante della comunità internazionale. L’allora presidente polacco Kaczynski si prodigò per avvertire la stessa comunità internazionale che gli appetiti russi non erano stati saziati dal banchetto georgiano e che il prossimo obbiettivo di Mosca sarebbe stata la Crimea. L’appello del premier polacco rimase inascoltato, complice anche la distrazione statunitense dovuta alle politiche di Obama che concentravano l’azione washingtoniana nel contenimento cinese in Estremo Oriente. L’invasione ucraina del 2022 da parte di Mosca ha avuto il merito di dimostrare la correttezza della visione polacca circa la politica estera russa e le scelte strategiche di Varsavia di questi anni ne sono diretta conseguenza. La postura polacca si è estrinsecata nel suo ambizioso programma di riarmo che la vede assurgere a perno fondamentale del contenimento russo a Est, nonché a partner privilegiato di Washington nella palingenesi di una NATO non più in stato di morte celebrale, per dirla con Macron. La direzione presa da Varsavia prevede infatti un ambizioso piano di investimenti nel comparto militare. La legge di bilancio del 2022 ha sancito un investimento fino al 3% del PIL 2024 in spese per la difesa (ben al di sopra dello standard NATO del 2%). Nella visione degli apparati polacchi, le forze di terra passeranno dalle attuali 110.000 a circa 300.000 unità, con un aumento di divisioni da 4 a 6. L’evoluzione delle forze armate polacche prevederà una crescente professionalizzazione del proprio personale, inquadrato in reparti corazzati e motorizzati. L’aumento di volumi in termini di personale e l’incremento della percentuale di PIL polacco destinato alla difesa, hanno portato Varsavia a compiere precise scelte in termini di approvvigionamenti militari. Il ministero della Difesa ha scelto di guardare al di là dei confini europei per rimpolpare e ammodernare la propria macchina bellica di stampo sovietico.  

Acclarata la necessità di disfarsi dei residuati bellici di era comunista – i quali in parte sono già stati devoluti all’Ucraina per sostenere il conflitto in corso – Varsavia guarda lontano, ben oltre il confine Oder-Neisse, rivolgendo la sua attenzione per gli armamenti prodotti dal suo migliore alleato, gli Stati Uniti ma anche da quelli Made in Korea (del Sud, ça va sans dire). Proprio quest’ultima ha chiuso un importante accordo con la Polonia per la vendita di circa 1.000 carri K2 Black Panther. La scelta, oltre che per caratteristiche tecniche, ha un chiaro valore geopolitico. Tecnicamente i K2, grazie alle innovative soluzioni incorporate, si sposano perfettamente alla conformazione territoriale polacca: dotati di uno snorkel che permette la totale immersione del carro fino a 4 mt e di sospensioni adattive, questi carri risultano perfettamente compatibili ai terreni impervi e ricchi di corsi d’acqua dolce presenti in Polonia, facendone la scelta ideale per la Wojska Lądowe (l’esercito polacco). Geopoliticamente la scelta del Ministero della Difesa Polacco segue una linea ben precisa: la valutazione nell’approvvigionarsi del carro coreano, oltre che per la giustificata russofobia dilagante, ha una chiara valenza antitedesca.

Scegliere il carro prodotto dalla Hyundai Rotem vuol dire abbandonare il Leopard 2 – già in forze con più di 240 unità nella Wojska Lądowe – e contestualmente tagliare il cordone ombelicale della dipendenza dalle forniture militari tedesche. A pesare su questa scelta (che comporterà per le forze armate polacche sia un sensibile aumento della spesa militare, essendo il K2 tra i carri più costosi al mondo, che la perdita del know-how acquisito dai propri reparti corazzati, dovendo riaddestrare i propri carristi ad un nuovo mezzo) è l’atteggiamento di Berlino dall’inizio delle ostilità in terra d’Ucraina. L’ambiguità tedesca nei confronti dell’Operazione Militare Speciale russa è stata mal digerita da Varsavia, la quale soffre di un senso di accerchiamento fisiologico, schiacciata com’è tra Germania e Russia.    

Senso di accerchiamento alimentato dalla storia recente della Polonia, che a causa delle alleanze strategiche tra Mosca e Berlino è sparita dalle mappe europee a più riprese. Fu così nel 1795 quando la Confederazione Polacco-Lituana fu cannibalizzata dalla voracità dell’impero russo, del Regno di Prussia e di quello dell’impero asburgico. Rinata dopo 123 anni di oblio nel 1918, fu di nuovo terra di conquista solo 21 anni più tardi, nel 1939 a seguito del patto Molotov-Ribbentrop che ne sancì la spartizione nazi-sovietica. Ricostituita dalle ceneri della Seconda guerra mondiale, fu satellite moscovita fino alla fine della guerra fredda. Oggi il revanscismo putiniano mal si sposa, agli occhi di Varsavia, con la morbidezza di Berlino, la quale – almeno nella prima fase del conflitto – anelava ad una rapida cessazione delle ostilità al fine di poter recuperare il rapporto commerciale con Mosca. Legame da ristabilire soprattutto in ambito energetico, dove il gas russo a basso prezzo ha funto da volano fondamentale al miracolo economico tedesco degli ultimi anni. La ritrosia tedesca nel fornire all’Ucraina materiale bellico come i Leopard 2 e i caveat imposti alla Polonia nell’impedirle l’export dei tank di fabbricazione teutonica, hanno reso plastica la postura tedesca nei confronti del sostegno ucraino alla guerra, almeno nel primo anno di conflitto. Altrettanto allarmante è stata agli occhi di Varsavia la Zeitenwende, la svolta epocale annunciata dal Cancelliere tedesco Scholz a pochi giorni dall’inizio del conflitto in Ucraina. Con essa il governo della coalizione semaforo prevedeva un investimento di cento miliardi di euro in spese militari tedesche. La reazione polacca ai proclami di riarmo tedesco non si è fatta attendere: il 1° settembre 2022 il governo polacco ha presentato una richiesta di risarcimento per i danni di guerra provocati dalla Germania durante la Seconda guerra mondiale da milletrecento miliardi di euro.  La richiesta di riparazioni, che inverosimilmente troverà un seguito economico da parte della Germania, mira a rivalutare il ruolo di vittima della Polonia nell’immaginario tedesco, mettendo Berlino alle strette, costringendola a fare i conti con il suo passato.    

È in tale contesto che la scelta di Varsavia nel rivolgersi a Seoul assume un chiaro valore geopolitico. In ultimo, il contratto firmato con la Hyundai Rotem garantirà alla Polonia la produzione in loco di circa 800 dei 1.000 carri acquistati. Entro il 2026 la costruzione in terra polacca di una fabbrica apposita, renderà Varsavia finalmente indipendente sul piano della costruzione di carri di ultima generazione. In un ipotetico scenario di guerra con Mosca, che verosimilmente si svolgerà prevalentemente in un contesto terragno, l’indipendenza produttiva di veicoli corazzati risulta una conditio sine qua non per garantire a Varsavia la sua rinnovata postura militarista.     

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Carlo Andrea Mercuri

Carlo Andrea Mercuri

Analista geopolitico, si occupa da anni di questioni internazionali. Autore del libro Verità a Stelle e Strisce (Gruppo Albatros il Filo - 2017), ha collaborato con diverse testate per le sezioni esteri e geopolitica. Appassionato di storia contemporanea americana ed estremorientale.

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