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Gli stessi aspetti descritti a conclusione della 1ª parte di questo articolo si applicano anche al contesto attuale. Poiché l’establishment controlla i media, chiunque osi portare alla luce la presenza dei cospiratori diventa oggetto di continue critiche da parte di giornali, riviste, TV e radio. Di conseguenza, c’è il rischio di perdere la propria “rispettabilità sociale” nel momento in cui si considera l’idea che dietro molti dei problemi che affliggono le nazioni possa esserci un’organizzazione occulta. Sfortunatamente, per un gran numero di individui, il loro stato sociale primeggia rispetto all’onestà intellettuale. Sebbene in pochi lo confesserebbero apertamente, per molti, la loro posizione all’interno della società riveste un’importanza maggiore persino rispetto alla salvaguardia della libertà stessa.
Se chiedessi a queste persone quale sia la priorità tra la loro rispettabilità sociale e la salvaguardia dei propri figli dalla schiavitù, sicuramente ti risponderebbero che la seconda è più importante. Tuttavia, le loro azioni, o la mancanza di azioni, parlano molto più chiaramente delle loro parole. Le persone hanno una capacità quasi infinita di razionalizzare quando si tratta di evitare di affrontare la minaccia alla sopravvivenza delle proprie libertà. In fondo, queste persone temono di essere esposte se assumono una posizione netta o di essere escluse da eventi sociali. Invece di indirizzare la loro rabbia verso coloro che agiscono nei corridoi del potere, questa si rivolge verso coloro che cercano di preservare la nazione e le proprie libertà mettendo in luce i cospiratori.
Un fattore che rende ardua l’analisi oggettiva delle prove di un complotto per alcune persone è il fatto che i cospiratori provengono da strati sociali elevati. Sono estremamente ricchi, altamente istruiti ed estremamente colti. Molti di loro vantano una lunga storia di filantropia. Nessuno gradisce trovarsi nella posizione di accusare persone rispettate di aver cospirato per sottomettere i propri connazionali all’oppressione, ma i fatti non possono essere ignorati.
Molti uomini d’affari e professionisti sono sensibili al messaggio “non mettere in pericolo il tuo status sociale” veicolato da coloro che preferiscono che la cospirazione rimanga nascosta. Gli addetti ai lavori sanno che se la comunità imprenditoriale e professionale non si schiererà per proteggere il sistema dell’impresa privata, la diffusione inevitabile del tecnosocialismo, attraverso il quale intendono raggiungere il controllo globale, diventerà realtà. Credo che molti uomini d’affari e professionisti siano troppo concentrati sul loro status e sui problemi legati al lavoro e all’impresa per preoccuparsi di ciò che accade in politica. A questi individui viene fatto notare che prendere una posizione potrebbe danneggiare i loro affari o mettere a rischio contratti governativi. Sono stati in un certo senso corrotti al silenzio attraverso denaro proveniente dalle proprie tasse!
Confidiamo che i cospiratori abbiano sottovalutato il residuo di coraggio e patriottismo nelle persone. Credo che esistano numerosi individui che non sono ipnotizzati dallo schermo televisivo, che pongono Dio, la famiglia e la nazione sopra qualsiasi considerazione di status sociale e che si uniranno per rivelare e annientare gli intrighi dei cospiratori. Come il filosofo Diogene attraversò l’antica Grecia alla ricerca di un uomo onesto, noi attraversiamo gli Stati alla ricerca di centinaia di migliaia di individui intellettualmente onesti che siano disposti a esaminare i fatti e trarre conclusioni logiche, indipendentemente da quanto scomode possano essere tali conclusioni.
Come ho già menzionato in precedenza, alcune persone che sostengono le teorie cospiratorie tendono a esagerare.
In questi giorni, molti paesi stanno affrontando gravi incendi, documentabili attraverso la piattaforma NASA o tramite questo visualizzatore basato sui dati forniti dall’agenzia spaziale stessa. Alla data in cui sto scrivendo, ovvero il 26 agosto, è evidente l’ampia portata dei danni provocati dagli incendi in varie parti del globo terrestre.
Un particolare interesse è stato rivolto all’incendio che ha colpito Lahaina, una delle città più antiche e storiche delle Hawaii. La gravità di questa situazione è stata evidenziata dalla triste perdita di almeno 115 vite umane. Questo incendio rappresenta la più grande tragedia di questo genere negli Stati Uniti nell’ultimo secolo. Molte persone sono ancora disperse e le autorità stanno cercando di identificare i resti delle vittime.
Alcuni sostengono con certezza che l’incendio sia stato causato da armi ad energia diretta (DEW) e che ci sia dietro il progetto di Smart Island che l’ha vista coinvolta. Prima di tutto, bisogna precisare che le DEW sono di diversi tipi e hanno effetti diversi, per cui trattarle come fossero di un unico tipo ha poco senso. Come ho spiegato nel libro “NEXT”, scritto insieme al giornalista Franco Fracassi, le armi ad energia diretta esistono e sono state usate in più di un caso, documentato da fonti e fatti che riportiamo, su cittadini e militari ignari, oltre ad altre armi non convenzionali.
Bisogna però distinguere tra ipotesi e fatti. Non ho trovato nessuna prova che confermi l’uso di DEW negli incendi. Al contrario, ho scoperto che le foto e i video che circolano sono falsi, manipolati o decontestalizzati. Per esempio, alcuni di essi mostrano dei fasci di luce laser inverosimili; le foto sono chiaramente ritoccate e i video mostrano altre situazioni e lo so perché ho trovato le versioni originali senza laser o che riguardavano lanci di razzi o altri eventi; altri ancora mostrano oggetti blu intatti tra le ceneri, ma ci sono anche oggetti di altri colori che non sono bruciati e alcuni potrebbero essere stati semplicemente protetti da vernici ignifughe. Inoltre, è assurdo pensare che le DEW sviluppate dagli Stati Uniti per abbattere aerei o missili supersonici possano essere annullate dal colore blu. Tutti correrebbero a verniciare i propri mezzi militari di blu.
Poi c’è il caso dei cerchioni delle auto fusi, ma bisogna sapere che questi, essendo in alluminio o in lega di alluminio, hanno un punto di fusione di 660 gradi centigradi o addirittura anche meno, mentre gli incendi possono raggiungere localmente temperature anche superiori ai 1000 gradi centigradi. La temperatura di un incendio dipende da molti fattori, come il tipo, la quantità e la distribuzione del combustibile, l’ossigeno disponibile e l’ambiente circostante. In generale, si può dire che i combustibili solidi possono arrivare a temperature tra i 700 e i 1200 gradi centigradi, mentre le fiamme possono superare i 2000 gradi centigradi. Puoi trovare maggiori informazioni sulla dinamica dell’incendio.
L’ultima che ho letto è quella della casa rimasta intatta a causa della sostituzione del tetto (qui) e allora i condivisori seriali di sciocchezze si sono affrettati a dire che i proprietari avevano in pratica costruito una gabbia di Faraday. Ora, per chi non lo sapesse, una gabbia di Faraday è una struttura metallica che circonda uno spazio vuoto o contenente un oggetto. Lo scopo di una gabbia di Faraday è di schermare l’interno da campi elettrici o elettromagnetici esterni, come quelli prodotti da fulmini, scariche elettrostatiche, onde radio o microonde. Alcuni esempi di gabbie di Faraday sono le carrozzerie delle automobili, gli aerei, le gabbie metalliche usate per gli esperimenti scientifici, i forni a microonde e i parafulmini.
Le gabbie di Faraday non sono tutte uguali. Ad esempio, possono essere fatte di rame, che è un buon conduttore elettrico, e potrebbero resistere a un incendio per un breve periodo di tempo, ma si surriscalderebbero rapidamente e potrebbero fondere o deformarsi. Oppure possono essere fatte di alluminio, che è anch’esso un buon conduttore elettrico, e potrebbero invece riflettere una parte della radiazione termica e luminosa, aumentando la loro resistenza a un incendio o a un laser. Tuttavia, come ho già scritto, l’alluminio ha un punto di fusione relativamente basso e può essere danneggiato da fonti di calore o di luce molto intense. Le gabbie di Faraday non sono progettate per resistere agli incendi o ai laser, ma possono avere una maggiore o minore resistenza a seconda del materiale, della forma e della dimensione. Il proprietario, venuto a sapere dell’incendio, ha immediatamente dichiarato che all’abitazione erano state apportate modifiche, come la sostituzione del tetto con uno in acciaio zincato, che ha un punto di fusione molto più elevato rispetto all’alluminio; il rinforzo delle pareti laterali con legno di sequoia della California, notoriamente resistente al fuoco (vedi qui); la pulizia dell’area circostante dalla vegetazione e dalle foglie per sostituirle con pietre di mare, costituendo così una sorta di barriera tagliafuoco. Inoltre non è neanche insolito che negli incendi, per le loro dinamiche, ci siano macchie che non vengono toccate. E tutto questo senza voler analizzare l’angolazione di un eventuale laser (perché è di questo che stiamo parlando) che ha delle dinamiche complesse che vanno oltre l’immaginario visto nei film.
Le armi laser ad energia diretta sono in grado di produrre incendi se la temperatura del bersaglio supera il suo punto di infiammabilità, che dipende dal tipo di materiale. Per esempio, il legno si infiamma a circa 300°C, mentre l’acciaio a circa 1500°C. La temperatura che il laser può provocare sul bersaglio dipende dalla potenza del laser, dal tempo di esposizione, dalla distanza, dalle condizioni atmosferiche e dalla riflettività del bersaglio. In generale, si stima che per causare un incendio su un bersaglio di legno a 500 metri di distanza, serva una potenza di almeno 30 kW e un tempo di esposizione di almeno 10 secondi (vedi qui). Per un bersaglio di acciaio, invece, servirebbe una potenza di almeno 300 kW e un tempo di esposizione di almeno 100 secondi (vedi qui). Questi valori sono solo indicativi e possono variare in base alle circostanze specifiche. Ora immagina un fascio luminoso che va colpendo in giro tra i 10 e i 100 secondi: avremmo la rete invasa da video veri, non da video falsi.
Non voglio affermare che gli incendi siano stati appiccati di proposito, ma dobbiamo vagliare i fatti. Anche se le stime sono sempre complesse da fare, oltre il 90% degli incendi in Italia sono dolosi, cioè causati intenzionalmente dall’uomo. Solo il 2% dei roghi ha una causa naturale, mentre il resto è provocato da negligenza o disattenzione. Gli incendi dolosi sono spesso legati a motivi speculativi, vendicativi o criminali (vedi qui). In ogni caso, la percentuale di incendi di origine dolosa nel mondo varia a seconda delle regioni e delle cause. Per esempio, in Africa e in Asia, dove gli incendi sono spesso usati per il disboscamento e l’agricoltura, la percentuale di incendi dolosi è stimata tra il 70% e il 90%. Invece, in Europa e in Nord America, dove gli incendi sono più legati a fattori climatici e ambientali, la percentuale di incendi dolosi è inferiore, tra il 20% e il 40% (vedi qui), anche se la piega intrapresa dai giornali di regime è di far credere che gli incendi siano tutti imputabili a questi ultimi fattori.
Dopo aver stabilito che gran parte degli incendi sono di origine dolosa, le evidenze di una volontaria mancata gestione dell’emergenza sono molte. La popolazione non è stata avvisata dall’Agenzia di Maui per la gestione delle emergenze (vedi qui). Herman Andaya, capo dell’Agenzia, che nonostante non fosse un esperto nella gestione delle emergenze quando era stato assunto per guidare la Maui Emergency Management Agency nel 2017 battendo 40 candidati, ha addotto motivazioni grottesche a supporto della sua decisione (vedi qui e qui). «Normalmente, vengono utilizzate in caso di allarme tsunami. Per questo la popolazione è stata addestrata a cercare un terreno più alto nel caso in cui venga attivata una sirena», ha spiegato Herman Andaya, capo dell’Agenzia. «Se avessimo suonato la sirena quella notte, la gente avrebbe potuto pensare che il consiglio fosse dirigersi verso la montagna: in tal caso, sarebbe finita dritta fra le fiamme». Inoltre, i soccorritori hanno avuto problemi di approvvigionamento d’acqua, i pompieri hanno trovato idranti senz’acqua (vedi qui), la corrente elettrica, che è una causa importante di incendi (vedi qui) non è stata interrotta nonostante i forti venti che avevano portato alla chiusura delle scuole. (La contea di Maui, tra l’altro, ha fatto causa alla società elettrica delle Hawaii per presunte negligenze che avrebbero aggravato gli incendi. La contea sostiene che la società non abbia fatto un’adeguata manutenzione delle linee elettriche e che non sia intervenuta per interrompere la corrente in condizioni di vento forte e siccità). Questi fatti fanno pensare a una volontà di favorire il disastro più che a una semplice negligenza. E come già argomentato, non possiamo escludere che anche altrove sia successo lo stesso.
Mentre scrivo, anche il Perù è in fiamme.
Ritenere che tutti gli incendi siano esclusivamente collegati ai progetti Smart Island è certamente un’analisi troppo semplificata e riduttiva. Tuttavia, pur essendo diverse le ragioni alla base degli incendi, si devono senz’altro considerare ulteriori aspetti legati alla riallocazione delle persone. Nel mio libro “1984. Inchiesta sulle prigioni a cielo aperto denominate città intelligenti”, coautore insieme al giornalista Franco Fracassi, ho fornito dati, prove e riferimenti normativi per illustrare come, entro il 2050, il 70% della popolazione mondiale sarà costretto a trasferirsi, sia volontariamente che forzatamente, in città “intelligenti”, siano esse già esistenti o di nuova costruzione. Ho altresì spiegato le ragioni alla base dell’impatto maggiore sulle aree costiere (come evidenziato dalla diffusione degli incendi), perché le foreste saranno distrutte e perché la Russia non subirà questi spostamenti forzati (non perché non segua le politiche ONU).
In conclusione, come ho dimostrato sia nel libro ma anche in questo articolo, le cospirazioni esistono, ma chi pensa che gli eventi siano pianificati e non casuali come diceva Roosevelt deve essere cauto nel valutare le informazioni che circolano sul web e usare il senso critico. Inoltre, vale la pena sottolineare che l’isola è disseminata di campi di canne da zucchero abbandonati, e quindi appare dubbia la necessità di usare costose armi a base di energia in un’area così facilmente infiammabile, soprattutto in una situazione in cui ci sono persone disposte a tradire i valori familiari per il denaro e autorità locali conniventi, come evidenziato dal fatto che gli affaristi hanno comprato terreni a prezzi molto ribassati.
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