LA CASA DEL SOCIAL JOURNALISM

SanGiuliano facce ‘o miràculo!

Pascal La Delfa

Open to meraviglia?

L’occasione che ha l’attuale governo in carica è epocale: cambiare, tra le tante possibilità, i meccanismi di abitudini, clientelismi, lobbies, e spartizioni che sono diventati il “lato oscuro” del sistema Italia e hanno minato il presente e il futuro della credibilità di un intero popolo e soprattutto del suo equilibrio economico e sociale.

Per la prima volta nella storia italiana della Repubblica, un governo realmente politico di destra-centro occupa saldamente i vertici. Compreso quello della Cultura, da sempre predominio di una certa sinistra che ormai non ha (ahimè?) nulla a che vedere con quegli intellettuali di spessore che pure hanno dato lustro e speranza un tempo a una “cultura” che faceva bene il suo lavoro senza necessariamente dover sbandierare la C maiuscola per giustificare con certi miseri escamotage da avanspettacolo l’insufficienza del proprio operato. E’ evidente che un gioco di destrezza applicato alla sinistra, non può durare a lungo.

Cronologicamente, il ministro Sangiuliano sarebbe il secondo ministro della Cultura di una esplicita area di destra, da quando, nel 1974, si istituì l’apposito ministero (inaugurato da un certo Giovanni Spadolini, che-allo stato delle cose- non possiamo che rimpiangere, al di là dei colori politici). Chi era stato il primo ministro della Cultura (o nelle varianti denominative) di destra (Alleanza nazionale)? Un innocuo prof. Domenico Fisichella, che nel 1994 rimase al ministero per pochissimi mesi ai tempi del primo feudo Berlusconi, incastonato tra due ministri partiticamente indipendenti: Alberto Ronchey (col precedente governo D’Amato-Ciampi) e Antonio Paolucci (col successivo governo Dini). Preistoria, apparentemente. Da cui però nasce la storia contemporanea.

Sì, anche Sangiuliano è tecnicamente un indipendente, ma le sue credenziali di fatto lo smentiscono e non c’è bisogno di andare nel deep web per scoprire il suo percorso e le sue amicizie politiche (e non solo), tutte lecite e che tecnicamente non significano nulla di culturalmente compromettente o che lasci presagire una cattiva gestione dell’operato.

Di fatto la carriera di Gennaro Sangiuliano, letta come da un comune CV Europass inviato a una qualsiasi azienda, è ineccepibile: si spera, dunque, che questo cambio epocale ai vertici della cultura, dia seguito a delle azioni concrete e in rotta con le rotte del sinistro (e a volte eccellente, beninteso) passato.

Vendetta, tremenda vendetta?

Che non sia mero revanscismo, però, né vendetta per un’opera da tre soldi. Per quanto ci si possa sportivamente appassionare alla sostituzione di un simpatico conduttore televisivo di mezza età, sono altri i cambi che gli operatori dei beni culturali si aspettano da un ministro “di destra” che succede all’unico precedente omologo dopo 30 anni di assenza dal dicastero della Grande Bellezza. Cambi di cui si avrebbe davvero bisogno per una nazione che dovrebbe avere nelle basi artistiche e culturali la sua forza (anche economica, che si dica ad alta voce, una volta per tutte!), senza scivolare nella retorica patriottica ad ogni costo per desiderio di rivincita e sfregio politico. Non si ha bisogno di questo.

Innanzitutto, ci si aspetta un ministro consapevole del primato italiano nella lista mondiale dei patrimoni dell’Unesco, e dunque che lotti quotidianamente col capitello tra i denti affinché la nostra nazione risalga la posizione in classifica tra i paesi europei che investono in arte e cultura. Attualmente siamo in piena zona retrocessione: ventiduesimi sui ventisette paesi europei, sotto alla Romania (fonte: Rapporto BES 2022).

Tra parentesi, come una riflessione da approfondire in separata sede, sarebbe forse il caso di dare un’occhiata a questi interessanti dati: spese previste del Ministero della Difesa 2023= oltre 27.000 milioni di euro; spese previste del Ministero della Cultura 2023= circa 3.500 milioni di euro (fonte: ). Quantomeno curioso, no? E pare non sia servito lo slancio del PNRR per invertire questa triste tendenza al ribasso, che prescinde da pandemie, guerre e alluvioni degli ultimi sfortunati tempi.

Dunque, devoti e contriti, si gridi accoratamente e con speranza: “Sangiuliano, facce ‘o miràculo!” In primo luogo affinché il neo-ministro abbia il superpotere di invertire una (voluta?) insana abitudine degli ultimi anni: il taglio dei fondi nel settore dei beni culturali. Pressoché costante di tutti i governi e i colori da un po’ di tempo a questa parte. Poi, ci si aspetterebbe che il neo-ministro cambiasse quei ruoli chiave indubbiamente occupati spesso da certi vecchi amici(?) di una sinistra culturale oramai sparita o anacronistica, seppur saldamente ancora al comando. Si dovrebbe pensare a uno slancio culturale artistico e creativo all’avanguardia e in linea con i tempi e con le sfide in cui siamo immersi. Che non vuol dire, beninteso, cancellare né glorificare le tradizioni culturali, rivangare pseudo-eroi da “Cinegiornale Luce”, o tuffarsi nel metaverso tout court! Bensì rivedere in primis i meccanismi di distribuzione dei fondi statali, misurare l’impatto culturale degli operatori con nuove metodologie che non siano solo (nella migliore delle ipotesi attuali) il curriculum ossidato dell’inossidabile decano di turno o il numero degli spettatori a tot repliche di uno spettacolo. Un Ministero all’avanguardia ha bisogno di nuovi indicatori (coinvolgendo anche gli stessi operatori dei beni culturali, piccoli e grandi) che analizzino l’impatto culturale in modi diversi da quelli con cui si misuravano nella società di 50 anni fa, dove non c’era neanche la tv a colori e le città pullulavano di cinema, teatri e spazi culturali indipendenti. Ci si aspetterebbe, ad esempio, che si potessero rimettere oculatamente in discussione e con trasparenza i contributi del F.U.S. (Fondo Unico dello Spettacolo) e i criteri di assegnazione dei contributi, nonché le competenze e i ruoli dei componenti delle commissioni. Nell’epoca delle news in tempo reale, la apposita pagina ufficiale del Ministero della Cultura è aggiornata (al momento in cui scriviamo) a un imbarazzante 21 novembre 2021, ad esempio. Ci si aspetterebbe una maggiore trasparenza nell’amministrazione del primo ente culturale italiano (la Rai): sia nelle nomine per competenza, sia nelle nuove assunzioni, nella gestione dei collaboratori esterni e dei fornitori, e così via.

Insomma, la domanda sorge spontanea: Sangiuliano riuscirà nella miracolosa impresa della liquefazione delle poltrone gluteiformi, o riproporrà solo una vecchia replica estiva del guappo del film L’Oro di Napoli?

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Pascal La Delfa

Pascal La Delfa

Autore, regista e formatore, si occupa di attività artistiche e teatrali, anche in contesti di disagio e fragilità e in progetti europei. È stato autore anche per la Rai e formatore e regista per aziende internazionali. Collaboratore esterno per alcune università italiane, è direttore artistico dell’associazione Oltre le Parole onlus di Roma. Fondatore del “premio Giulietta Masina per l’Arte e il Sociale”. Di recente uscita un suo saggio sul Teatro nel Sociale.

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Rosy
Rosy
2 mesi fa

Grazie per questo interessante articolo e per l’excursus storico.

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