La scintilla provocata dall’ uccisione da parte di un poliziotto di un giovane che guidava senza patente ha incendiato la Francia.
Le tensioni irrisolte provocate dalle difficoltà di integrazione di diverse etnie hanno incendiato la tanica di benzina delle banlieue.
Perché quanto sta avvenendo in Francia merita la nostra attenzione?
Si potrebbe dire che non ci appartiene, ma se siamo attenti ai fenomeni che avvengono in altri paesi diventa più facile immaginare quello che potrebbe avvenire da noi.
La scintilla che ha incendiato le banlieue è stata la morte, sicuramente ingiusta, di un giovane scappato a un posto di blocco, ma l’episodio ha messo in luce il problema delle identità.
Le identità o, meglio, le diversità di identità non si cancellano con la sottomissione né si cancellano con la rinuncia alla propria identità culturale, ma con delle politiche avvedute che permettono una sana integrazione.
E qui si riapre l’argomento flussi migratori. La formula è in fondo sempre la stessa: immigrazione selvaggia, prima in nome del multiculturalismo; disagio e violenze a pioggia, poi nel momento in cui gli immigrati vengono confinati nei campi di raccolta e nei ghetti periferici. Una volta create le situazioni di disagio potenzialmente esplosive le autorità reagiscono con buonismo ridicolo evitando di prendere provvedimenti severi quando servirebbe.
Poi ci si indigna quando accadono episodi come quelli accaduti nel palazzo di Firenze con la scomparsa della piccola Kata, oppure si cerca, come sta accadendo nella Francia di oggi, la soluzione militare repressiva nel momento in cui la battaglia è già deflagrata.
Che sia ingiustificabile l’assassinio di un giovane diciassettenne, anche se stava guidando senza patente, non vi è dubbio; altrettanto difficile è negare che la rabbia sociale che si sta manifestando abbia delle motivazioni condivisibili anche perché le proteste non coinvolgono soltanto i figli di chi abita nelle banlieue ma pure la classe media in via di cancellazione.
Il tema che ci viene proposto è quindi quello dell’integrazione dei migranti.
Che ci sia la necessità di utilizzare i flussi migratori in un paese che sta invecchiando sempre di più è fuori dubbio, che attualmente anche nel nostro paese non ci sia una vera integrazione è altrettanto evidente in qualsiasi città. Le grandi città hanno oramai delle zone invivibili nelle quali può essere pericoloso spostarsi anche di giorno, ma anche nelle piccole città ci sono delle zone che stanno cambiando radicalmente, zone nelle quali non c’è alcuna integrazione.
E quindi che fare? Repressione o integrazione?
Integrazione significa garantire a tutti coloro che vengono accettati in un paese i medesimi diritti dei nativi, ma anche i medesimi doveri. Significa far rispettare con assoluta determinazione le regole della convivenza civile. Significa non accettare le violazioni della nostra identità in nome di un multiculturalismo che troppo spesso diventa sopraffazione di una stretta minoranza sulla maggioranza. Significa non nascondersi dietro un finto progressismo per farsi sottomettere. Quanto sta accadendo in Francia ci serva di esempio e monito per evitare che a breve vengano incendiate le nostre città che già sono sempre più nelle mani delle bande. Se l’Italia e l’Europa hanno bisogno di forza lavoro sviluppino una legislazione capace di produrre una regolamentazioni dei flussi che crei benessere per tutti attraverso una una selezione delle persone che vogliono venire in occidente, togliendo dalle mani delle mafie la gestione di un grande business.
Credits: Foto di Fajrul Falah da Pixabay