Scommetto che hai sentito parlare spesso di libera professione e di nomadi digitali, e quante di queste volte hai anche letto di una coppia che ha mollato tutto: lavoro e vita “comoda”, per vivere all’avventura, magari viaggiando in camper o zaino in spalla e lavorando in remote working?
Personalmente, almeno una volta a settimana.
Ma quanto c’è di vero in tutto questo? Oggi ne voglio parlare.
Libera professione: l’illusione e la verità
Quanto c’è di vero in tutto questo? Parliamone.
Indubbiamente ci sono persone che si sono reinventate sul serio, decidendo di lasciare il proprio lavoro dalle 9:00 alle 18:00 per iniziare a vivere una vita diversa. Hanno aperto la loro attività online e sono stati davvero in grado di fare qualcosa di diverso.
Ma il problema è che queste realtà rappresentano meno del 20% della verità su come sono andate realmente le cose. Di quanta fatica ci sia voluta per queste persone per cambiare vita, di cosa significhi oggi lavorare nel nostro mercato del lavoro, quello della generazione over 30, dove tutto è certo, fuorché i pagamenti a fine mese.
È inutile continuare a pensare che esista un mondo fantastico dove si lavora solo 2 ore al giorno e si guadagnano tanti soldini, senza “sbatti” come direbbe il Milanese Imbruttito.
Non funziona così e non è così semplice lavorare da freelance in un mondo dove il professionista – come speriamo di essere visti noi – è soltanto considerato un fornitore – come ci vede realmente l’azienda che ci commissiona il lavoro.
Affidabilità ed etica professionale: nella libera professione contano molto
Non voglio certo essere disfattista, ma voglio dire la verità su come funziona questo mondo. Non sono una guru del marketing, non fatturo miliardi all’anno. Sono solo una libera professionista che cerca di diventare un’imprenditrice.
Una donna che ha creato da sola la sua carriera professionale, che ha lavorato e lottato molto per essere considerata da colleghi, clienti e collaboratori una professionista e che tutt’ora si fa mille problemi prima di consegnare un lavoro, perché sa benissimo che da un semplice progetto può nascere una solida collaborazione.
Lavorare come libero professionista non vuol dire alzarsi alle 12:00, lavorare due ore e poi andare a fare quello che si vuole.
Il libero professionista è colui che deve guadagnarsi la fiducia del cliente e non ci può certo riuscire se non si rende affidabile.
La libera professione non è sinonimo di totale libertà per fare tutto ciò che si vuole
Cosa vuol dire, quindi, essere affidabile per un libero professionista?
Significa garantire la propria presenza quando il cliente la richiede, avere la pazienza di ripetere 3 o 4 volte un concetto, un processo o anche semplicemente la motivazione di una scelta anziché di un’altra, e tutto per rassicurare il cliente.
Lavorare come freelance, in remote working, impone molta più costanza e serietà di quanto si creda. Preciso che il mio discorso è contestualizzato nel mondo del digital marketing, sebbene oggi i professionisti indipendenti siano tanti e nei settori più disparati.
Oggi mi focalizzo sul mio mondo professionale, cioè quello digitale. Il cliente o l’azienda ti affida le sue risorse economiche, le sue speranze, i suoi obiettivi e tu non ci puoi giocare.
Non puoi dirgli che sarai presente alla riunione settimanale e poi la disdici all’ultimo momento.
Non puoi rispondere a una mail dopo 2 giorni da quando te l’ha inviata e senza un motivo valido.
È vero anche che ai clienti non va mai data troppa confidenza e bisogna stabilire dei limiti di orari e giorni in cui ti possono chiamare o contattare, ma in linee generali se offri un servizio, devi esserne all’altezza.
L’affidabilità di una persona si vede in tante cose: nel modo di porsi, in quello di organizzare il lavoro, nel modo di spiegare le cose.
Da qui si comprende che chi lavora come libero professionista non è solo una persona operativa.
E allora chi è il libero professionista?
Un professionista che lavora in modo indipendente è anche il miglior venditore di se stesso, un bravo amministratore, un bravo coach di se stesso, oltre che del suo team. Una persona che intrattiene rapporti lavorativi quotidiani, facendo networking.
Un bravo politico, perché deve saper essere diplomatico senza essere superficiale. Deve essere autoritario, ma non deve imporsi. Deve essere un leader e mai un capo. Deve capirne di economia. Deve saper fare investimenti e deve aver voglia di formarsi, aggiornarsi e studiare in merito al suo settore.
Un bravo professionista è anche uno stratega, una persona che sa come muoversi senza calpestare i piedi a nessuno, facendosi però rispettare.
Insomma, il libero professionista è più di un individuo che lavora in remote working, viaggia e ha una vita leggera. Chiunque vi dica che lavorare nel digital marketing è facile, mente.
Chi vi racconta la favoletta del nomade digitale che vive benissimo, fattura e guadagna senza problemi, mente.
Ho conosciuto tanti nomadi digitali e sì, è vero, c’è chi effettivamente lavora operativamente poco, ma solo perché ne sa di economia, sa fare affari e ha capito che la differenziazione è la base della ricchezza oggi.
Coloro che hanno costruito un impero nel marketing, diventando i massimi esperti del settore, è perché hanno lavorato e lavorano duramente.
Non si concedono poi così tante pause e viaggi. Magari hanno lasciato l’Italia e le loro pause sono in riva al mare e non indossano un piumino da 10 o 20 anni, ma vi assicuro che lavorano e si aggiornano in continuazione.
La cultura della libera professione credo che debba essere raccontata per come è realmente. In questo panorama rientra anche tutto il mondo dei nomadi digitali, di cui si parla tanto.
Che vogliamo dire sul nomade digitale?
La mia opinione è che bisogna valutare bene cosa vuol dire lavorare come un nomade digitale, perché può comportare tanti sacrifici e non solo delle bellissime foto in spiaggia.
Il mercato del lavoro si sta evolvendo velocemente e ci stiamo adattando ad esso, cercando di cogliere le opportunità migliori per il nostro futuro professionale.
Lavorare come liberi professionisti e come nomadi digitali può essere la soluzione, ma è fondamentale essere consapevoli dei rischi e delle difficoltà che possono sorgere.
Chi sono i famosi nomadi digitali?
I nomadi digitali sono semplicemente persone che hanno deciso di vivere altrove, essendo perfettamente consapevoli che non esisterà mai per loro una meta definitiva, perché non è quello il loro desiderio.
Sfatiamo il mito che i nomadi digitali sono tutti ricchi: non è vero. La maggior parte di loro ha scelto una vita più semplice, equilibrata, fatta di lavoro, meditazione, sport, yoga, tanto networking. Studiano, si informano e si reinventano in continuazione.
Contrariamente a quello che si crede, molti di loro non cercano nemmeno di diventare ricchi. Non gli interessa.
Vogliono vedere il mondo. I più fortunati hanno colto l’opportunità di lavorare in remote working per le loro aziende. I più bravi hanno il loro brand e lo sanno vendere bene. Poi ci sono i nomadi digitali che si reinventano in continuazione, hanno una loro community e vendono corsi di marketing, inglese o altro.
Tutti loro sono anche libero professionisti, anche se non sempre con partita IVA Italiana.
In Italia le cose sono ben diverse.
Un libero professionista con Partita IVA italiana, ogni giorno si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o morirà.
Ho volutamente esagerato in chiusura di questo articolo, non perché voglio incutere timore a chi vuole fare questa scelta di vita, ma perché credo sia giusto che si dica la verità sul mondo dei liberi professionisti: persone tutt’altro che spensierate e con poca voglia di fare.
È vero: la vita che facciamo ce la siamo scelta noi, forse perché non eravamo poi così in grado di fare i dipendenti. Ogni caso è a sé, ma di certo posso confermare che la scelta di vita che ho fatto a volte pesa, a volte mi ricompensa e a volte mi delude, ma tutte le volte mi rende orgogliosa di me.
Dopo questa panoramica sulla libera professione e sul mondo dei nomadi digitali, cosa pensi? Qual è la tua opinione? Come ti immagini il futuro del lavoro nel nostro paese?
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