LA CASA DEL SOCIAL JOURNALISM

I titoli dei giornali

Sergio Zicari

Che si tratti di un libro, di un articolo di giornale di carta stampata o su internet, di un film, di una canzone oppure di un post su Facebook la scelta del titolo è di fondamentale importanza. Non solo ce lo dice il dizionario, spiegandoci che si tratta di una “Indicazione essenziale che serve a individuare o definire un’opera d’arte, una pubblicazione, ecc.”, ma ce lo conferma anche l’enorme quantità di letteratura sull’argomento (oltre 24 milioni di risultati su Bing). In particolare, ce lo dice la nostra stessa esperienza di lettori (o pseudo-lettori), quando rapidamente scorriamo con gli occhi le pagine di un giornale o le videate sul cellulare fermandoci solo quando, non certo un testo in sé, ma un titolo cattura il nostro sguardo.

Ma, in genere, cosa attrae la nostra attenzione? Lo hanno capito i proprietari e i direttori dei giornali già nel 1800: sangue, sesso, scandali e la paura. E da allora le nostre* preferenze sono rimaste le stesse. Come mai? Semplicemente perché il nostro cervello non è cambiato. È rimasto, fin dalla notte dei tempi, programmato per essere costantemente attento ai segnali di “attacco e mancanza” e, quindi, cerca tutto ciò che è negativo. Se poi ci aggiungiamo miserie umane quali l’invidia, la cupidigia e la concupiscenza ne otteniamo una miscela altamente esplosiva. È per questo che i mass media, ora che non sono più poche emittenti televisive e radiofoniche, ma sono centinaia e centinaia e a queste si sono aggiunti innumerevoli portali sui pc e sui cellulari, sono sempre più alla ricerca di notizie non solo piene di sangue, sesso, scandali e paura, ma – per attirare la nostra attenzione – hanno iniziato a usare titoli sempre più clamorosi e sconcertanti.

La competizione per accaparrarsi la nostra attenzione è diventata talmente feroce che ormai siamo giunti all’uso distorto delle parole al fine di gonfiare l’attrattività di una notizia. Ecco qualche esempio.

Titolo “Terrore in autostrada

La parola “terrore” indica un senso intenso e sconvolgente di paura o di sgomento. Si pensi a “regime del terrore” e a “terrorismo”.

L’articolo poi racconta di un camionista in autostrada che, essendosi accorto di un imminente attacco di cuore, ha accostato il camion sulla corsia di emergenza prima di accasciarsi esanime sul volante. Sarebbe stata una normale manovra (ad esempio, in caso di foratura) se non fosse stata abbinata alla tragica morte del camionista. Praticamente nessuno si è accorto di nulla. Avrebbe avuto senso parlare di terrore qualora, accasciatosi il camionista sul volante, il mezzo avesse continuato la sua corsa senza controllo investendo o rischiando di investire altri mezzi. Una seconda manipolazione delle parole è stata messa nel sottotitolo “L’eroico gesto del camionista”. Ora eroico indica la manifestazione, in un essere umano, di un grado eccezionale di coraggio e di abnegazione. Si sarebbe trattato di un atto eroico se il conducente di un camion che trasporti un qualche combustibile, accortosi che il suo mezzo ha iniziato a prendere fuoco, anziché buttarsi subito fuori dal mezzo per salvarsi dalle fiamme, disinteressandosi del fatto che il suo mezzo poteva investire altri mezzi, fosse rimasto a bordo, a rischio della vita, cercando di fermare il mezzo su una corsia di emergenza. In realtà il fatto narrato nell’articolo può giustamente essere descritto come “con grande senso di responsabilità”, ma non certo come un gesto eroico.

Titolo “La strage delle due ragazze

La parola “strage” si applica a diversi contesti, tutti contraddistinti dall’alto numero di esseri viventi o inanimati coinvolti. 1. Uccisione violenta di un gran numero di persone: la strage della bomba atonica di Hiroshima; la strage delle Torri Gemelle …; o di molti animali: i cacciatori hanno fatto strage di tordi; la perdita di carburante della nave affondata ha fatto strage di pesci …; 2. Alta mortalità di persone o animali: la strage delle peste del 1348; la strage del terremoto di Messina …; 3) distruzione di molte cose: la grandine ha fatto strage di vigneti; l’alluvione ha fatto strage di quelle povere abitazioni …

L’articolo parla di un incidente automobilistico dovuto all’eccessiva velocità. La vettura, a un certo punto, ha sbandato e ha centrato un albero. Il guidatore e il passeggero anteriore sono rimasti feriti. Le due ragazze, che sedevano sul sedile posteriore, sono morte sul colpo. L’evento è sicuramente tragico, in particolare per i familiari, ma nulla ha a che fare con la parola strage. Pur di fare colpo è stato usato lo stesso termine con il quale è stato definito l’esito del terremoto di magnitudo 9.1 del 2004 che provocò un maremoto dell’Oceano Indiano e la conseguente morte di oltre 230mila persone.

Titolo “Ondata tropicale senza precedenti: ribaltone in Italia

Qui abbiamo il record (negativo) di ben tre usi impropri (esagerati) in un titolo di sette parole. Cominciamo con il primo “ondata”. A parte il significato originale (colpo di mare), il suo uso è relativo a massa, grande quantità di elementi, di persone o cose che si diffonde, si riversa, investe o urta. “Tropicale”, invece fa riferimento al clima tipico della zona torrida della Terra, dove la temperatura non scende mai sotto i 18°, con una media di 25-28°, speso ben superiore. Con “ribaltone” intendiamo uno scossone violento e improvviso di veicolo o altra cosa o persona che viene ad assumere una posizione opposta a quella precedente.

L’articolo riferisce le ultime previsioni del tempo: nei giorni successivi le temperature sarebbero “probabilmente” salite, in alcune zone d’Italia, di 5-6° (da 15-16° a 20-21°). Nulla a che fare né con ondate, né con temperature tropicali, né con ribaltoni. Men che meno con condizioni climatiche “senza precedenti”. Si noti, poi, che il giorno dopo, lo stesso giornale, annunciava (fonte medesimo meteorologo): “Piogge e freddo: [Nome Meteorologo] vuota il sacco, cosa accadrà presto”.

Potremmo andare avanti così molto a lungo a ulteriore comprova di un tragico e maligno intento di farci vivere nell’allarme e nella paura e che, ormai, quella del giornalista è una specie in estinzione, sostituita da quella del propagandista**.


* con questo aggettivo possessivo, qui, si fa riferimento all’insieme generale degli “esseri umani”,

** per approfondire vedi la breve serie video La guerra della Propaganda di Roberto Mazzoni.

Credits: Foto di Birgit Böllinger da Pixabay  

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Sergio Zicari

Sergio Zicari

Autore di numerosi libri sulla comunicazione e il marketing delle aziende, del terzo settore e delle libere professioni. Per molti anni è stato manager, formatore, consulente per imprese profit e non profit. È Responsabile della Comunicazione del Gruppo Comunità Etica e Caporedattore di CambiaMenti.

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Laura
Laura
25 giorni fa

Sono d’accordo: la lingua italiana viene sempre più usata in modo improprio, va sempre più impoverendosi di termini corretti, adatti, lasciando il posto ad inglesismi, francesismi, linguaggio ristretto, troncato e spicciativo.

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