LA CASA DEL SOCIAL JOURNALISM

Etichette e Persone

Sergio Zicari

Le etichette? Che grande invenzione! L’elementarità della loro natura (un semplice cartellino munito di dati che permettono di riconoscere o classificare un oggetto o un contenuto) e la loro costante presenza nella nostra vita quotidiana ci fanno dimenticare quanto diventerebbe più difficile la nostra vita senza di esse. Davanti a una serie di barattoli, seppur diversi tra loro per forma e colore, senza etichetta saremmo costretti ad aprirli per scoprirne il contenuto. Con le conseguenze ben facilmente immaginabili (igiene, conservabilità, ecc.). E sempre, beninteso, che il contenuto sia riconoscibile alla semplice vista. «Sembra latte», ci diremmo. «E se poi fosse vernice bianca?». «Ma no, è latte» ci rassicureremmo dopo averne portato qualche goccia alla bocca. «Sì, è latte. Ma è intero o scremato o parzialmente scremato? È fresco o a lunga conservazione?». Dopo di che non ci resterebbe che rivolgerci a un centro di analisi. La nostra lista della spesa ci ricorda che vogliamo comprare anche dei fiocchi d’avena. Come fare a trovarli, se tutte le scaffalature sono anonime e se sacchetti, scatole e barattoli sono senza etichetta? Sarebbe mai possibile fare acquisti al supermercato?

Sarebbe lo stesso in qualunque negozio. Anche per articoli immediatamente riconoscibili. Come acquistare un abito senza un’etichetta che ci indichi il materiale con cui è fatto, la taglia e il prezzo? Come acquistare un frigorifero se non sappiamo chi l’ha prodotto, la sua capienza, il suo consumo, le sue dimensioni (ci sta o non ci sta nella nostra cucina?).

Le etichette servono ovunque. Ad es. negli uffici: come sapere cosa contengono tutti quei raccoglitori su quello scaffale? Sono le fatture clienti o le fatture fornitori? Di quest’anno o di quale anno? O ci sono le buste paga? O le denunce dei redditi? O …?

Sì, le etichette sono nostre amiche. Impossibile vivere senza.

Ci sono così familiari che usiamo le etichette anche con le persone. E anche qui si rivelano utilissime. Se uno dei miei nipotini non avesse l’etichetta “tifoso del Napoli”, chi mai si sarebbe sognato di regalargli, per il suo compleanno, la bandiera del Napoli con i tre scudetti vinti, un pallone da calcio con stampata una grande “N” e un libro con la storia dei più grandi giocatori di quella squadra? Il tutto, con sua grande felicità? Senza questa etichetta, o una qualunque altra etichetta (“appassionato di minerali”, “amante della pittura”, “tennista”, …) nessuno di noi saprebbe cosa regalare a un amico o un parente. Se non avessimo messo al nostro amico Youssef l’etichetta “musulmano” e al nostro collega David l’etichetta di “ebreo”, rischieremmo di regalare – al ritorno da una nostra gita a San Daniele del Friuli – un intero prosciutto a Youssef e di mandare a David un biglietto di auguri a Natale in ricordo della nascita del nostro Salvatore (dimostrando poca sensibilità verso le rispettive convinzioni religiose).

Senza l’etichetta “donna”, sprecherei un sacco di tempo e di soldi, come azienda, per promuovere inutilmente il mio dopobarba. Senza l’etichetta “onesto” o “disonesto” non saprei a chi affidare la gestione del mio patrimonio. Senza l’etichetta “gran lavoratore” o “fannullone” potrei mancare di affidare un importante lavoro alla persona giusta o di affidarlo a quella sbagliata.

Naturalmente, nel mettere un’etichetta a una persona, così come con qualsiasi altra cosa, l’aspetto fondamentale è che l’etichetta corrisponda al “contenuto”. Sarei pazzo o incosciente, se disponendo di una serie di etichette e di un certo numero di barattoli, non mi preoccupassi di attaccare l’etichetta giusta (piselli) alla corrispondente scatola (piselli). Così deve essere con le persone. L’etichetta “fannullone” deve corrispondere a una persona che davvero non vuole fare nulla.

Fin qui le corrispondenze tra etichette a cose e a persone. Ci sono però due fondamentali differenze. La prima è che, mentre per una cosa c’è una e una sola etichetta da apporle (se è olio extravergine di oliva di provenienza UE, non ci sono altre possibili etichette), per l’essere umano – per identificarlo in maniera abbastanza completa – non esiste una sola etichetta (per quanto dettagliata) ma sarebbero necessarie centinaia e centinaia di etichette (quali: uomo; celibe; apolide; animalista; spendaccione; umile; educato; malato; estroverso; mentalmente chiuso; credente; appassionato serie tv; altruista; intonato; inaffidabile; … ; … ; …). E nessuna di queste combinazioni di etichette sarebbe uguale a quella di nessun altro individuo. Quale grave errore far coincidere una persona con una o due o tre etichette!

La seconda grande differenza è che, mentre le etichette sulle cose devono essere attaccate in maniera che non possano staccarsi accidentalmente (ad es. tramite una colla forte o uno spago resistente), le etichette sulle persone dovrebbero essere dei semplici post-it. Mentre una scatola di matite rimane per sempre una scatola di matite, l’essere umano è soggetto a cambiamenti (plurale intenzionale). Così chi è pigro oggi, domani può diventare una persona molto attiva. E viceversa. Chi è disonesto oggi, domani può diventare di una onestà cristallina. E viceversa.

Oggi si parla tanto che non dobbiamo mettere etichette alle persone. E anche qui si ripete una storia che abbiamo visto tante altre volte applicata a tante altre situazioni. Siccome non abbiamo capito come dovremmo usare un qualcosa o perché qualcuno ne fa un uso sbagliato, invece di educarci e educare, preferiamo rifiutare o vietare. Rifiutare o vietare è la strada più facile. Non costa alcuna fatica né richiede impegno. Educarci e educare, invece, richiede sforzo, sacrificio, autocontrollo, intelligenza e tempo. Così scegliamo la via più facile, anziché quella giusta.

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Sergio Zicari

Sergio Zicari

Autore di numerosi libri sulla comunicazione e il marketing delle aziende, del terzo settore e delle libere professioni. Per molti anni è stato manager, formatore, consulente per imprese profit e non profit. È Responsabile della Comunicazione del Gruppo Comunità Etica e Caporedattore di CambiaMenti.

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Laura
Laura
3 mesi fa

Articolo piacevole e scorrevole.
Spesso capita che ci “fidiamo” delle etichette scritte dagli altri per giudicare qualcuno che non conosciamo abbastanza o che non conosciamo affatto….e questo compromette molte possibilità, condiziona molte vite e preclude interazioni e opportunità.

Luigi Vietri
Amministratore
3 mesi fa
Rispondi  Laura

Grazie Laura per la tua partecipazione e per il tuo contributo. È solo grazie a voi lettori che il nostro giornale può crescere; non è un’adulazione la mia, ma un semplice dato di fatto.

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