Riprendendo un racconto breve di Eando Binder pubblicato nel 1939, lo scrittore Isaac Asimov diede alle stampe nel 1950 una raccolta di racconti di fantascienza intitolata Io, Robot. Le storie sono incentrate su robot dotati di un immaginario cervello positronico che, guidati da tre leggi della robotica (1- preservare la vita umana e mai recarle danno; 2- ubbidire agli umani senza contraddire la prima legge; 3- proteggere la propria esistenza se questo non contraddice le prime due leggi), dovrebbero fornire benefici assoluti all’umanità. I racconti, in realtà, evidenziano contraddizioni e punti deboli delle tre leggi.
Nel 2004 viene proiettato un film di fantascienza dall’omonimo titolo (“Io, Robot”), che reinterpreta liberamente i racconti di Asimov e fornisce una visione altrettanto inquietante sulla cieca fede nella tecnologia e nelle macchine (i robot, in questo caso) che, prive naturalmente del senso di “umanità”, compiono scelte in contrasto con le tre leggi di cui sopra.
Nel film, la “mente robotica” V.I.K.I. (acronimo che in italiano significa Intelligenza Cinetica Virtuale Interattiva) reinterpreta le tre leggi di Asimov e, al fine di proteggere gli uomini da loro stessi (preservandone quindi la vita collettiva), sceglie di instaurare una dittatura benevola dei robot, sopprimendo la libertà di tutti (che per le machine è di scarso rilievo) e sacrificando i singoli individui, gli oppositori umani e i robot “non controllabili”.
Il protagonista umano, che alla fine distruggerà VIKI, si chiama Del Spooner (l’attore è Will Smith) ed è un cyborg con un braccio e altri organi cibernetici il cui impianto gli ha permesso di sopravvivere e di avere la funzionalità completa del proprio corpo (in questo caso, la tecnologia ha effettivamente preservato e garantito la vita). Nel suo compito è aiutato da una dottoressa, psicologa esperta di intelligenze artificiali, che compie una scelta “emotiva” determinante per l’esito finale, salvando dalla distruzione l’unico robot dotato di emozioni.
A causare la diffidenza del protagonista nei confronti dei robot c’è un episodio, presentato come un flashback nel corso del film: si vedono due automobili affondare nell’acqua; in una è intrappolato Spooner, nell’altra una bambina. Un robot che ha visto l’incidente si tuffa per salvare la vita umana, ubbidendo alla Prima Legge, però non ha il tempo di trarre in salvo entrambi gli occupanti.
Il robot ragiona da macchina e salva Spooner perché come uomo ha più possibilità di sopravvivere alla risalita, nonostante il suo ordine di salvare la bambina (l’ordine aderiva alla Seconda Legge ma era in contrasto con la Prima). Il protagonista, che convive da allora con senso di rimorso e di odio verso i robot, quando racconta l’episodio riflette sul fatto che un robot ha salvato lui, mentre un essere umano avrebbe salvato la bambina.
La pellicola pone dunque il tema dell’ “etica della tecnologia”. Una società che si affidasse unicamente alla tecnologia, delegando ogni decisione a calcoli matematici sarebbe vulnerabile nelle mani di chi gestisce l’accesso e l’interpretazione dei dati e diventerebbe cinica e calcolatrice.
Sui problemi etici si dice che è bene che ci siano più domande, più dubbi che risposte, poiché anche il dubbio può essere una risposta. Le macchine possono realmente migliorare la vita (si pensi ai computer) o preservarla (si pensi alle analisi mediche, agli interventi “a cuore fermo”, alle possibilità di movimento e comunicazione date a chi ha deficit psico-fisici); tuttavia è importante che l’interpretazione della realtà e il controllo dei processi siano affidati agli “umani”.
Il concetto di “progresso”, infatti, consiste prima di tutto nella nostra capacità sensibile di comprendere la realtà e di “dialogare” con gli elementi che ne fanno parte. Le macchine, è bene ricordarlo, sono uno strumento utilissimo finché non soppiantano le capacità cognitive e di ragionamento dell’essere umano.