Un colpo di scena nella storia delle telecomunicazioni italiane. TIM, il principale operatore telefonico del paese, ha deciso di vendere la sua rete fissa, un asset strategico per la sicurezza e lo sviluppo nazionale, a una società americana di private equity, KKR. L’operazione, del valore di 20 miliardi di euro, è stata approvata dal Consiglio di Amministrazione di TIM, con il sostegno del governo Meloni, che ha definito la vendita una “scelta coraggiosa e lungimirante”. Tuttavia, la decisione ha scatenato le proteste dell’opposizione e di alcuni alleati della maggioranza, che hanno accusato il governo di aver svenduto un bene pubblico a una società straniera, con gravi conseguenze per i lavoratori, i consumatori e il paese.
La rete fissa di TIM, che comprende oltre 30 milioni di linee telefoniche e 16 milioni di connessioni a banda larga, è in fase di negoziazione per essere ceduta a FiberCop, una nuova società controllata al 58% da TIM, al 37,5% da KKR e al 4,5% da Fastweb, un altro operatore telefonico italiano. FiberCop avrà il compito di realizzare e gestire la rete in fibra ottica, la quale è prevista coprire il 76% delle abitazioni italiane entro il 2025.
La rete in fibra ottica rappresenta una condizione imprescindibile per il processo di digitalizzazione del nostro paese. Pertanto, è di cruciale importanza condurre un’analisi dettagliata dei suoi aspetti tecnici, economici e sociali. Questa infrastruttura, oltre ad altre funzionalità, permette la realizzazione di una smart grid, ovvero una rete intelligente in grado di monitorare e regolare l’energia elettrica, ottimizzando sia la domanda che l’offerta, riducendo gli sprechi e le emissioni. Tuttavia, è fondamentale considerare anche i potenziali rischi per la privacy e la sicurezza dei dati dei consumatori, poiché tramite i misuratori intelligenti potrebbero essere raccolti e monitorati i dettagli di ogni loro consumo.
Tuttavia, la smart grid comporta anche dei rischi per la privacy e la sicurezza dei dati dei consumatori, che potrebbero essere esposti a violazioni, furti, manipolazioni o attacchi informatici. Questi rischi sono amplificati dal fatto che la rete fissa di TIM sarà gestita da una società americana, KKR, che potrebbe avere accesso a informazioni sensibili e strategiche per il paese, come i consumi energetici su cui potrebbe intervenire, le abitudini degli utenti, le vulnerabilità della rete elettrica, ecc. Inoltre, la società americana potrebbe essere soggetta alle leggi e alle pressioni del proprio governo, che potrebbe richiedere la consegna o la manipolazione dei dati in caso di conflitto o di interesse.
Chi è KKR e perché il suo ruolo nella rete fissa di TIM è preoccupante? KKR è una delle più grandi e potenti società di private equity al mondo, con un patrimonio gestito di oltre 250 miliardi di dollari. Il suo obiettivo è quello di acquisire e ristrutturare aziende in vari settori, spesso con metodi aggressivi e speculativi, per poi rivenderle con un profitto. KKR è nota per aver partecipato a operazioni di leveraged buyout, ovvero acquisizioni finanziate con un elevato ricorso al debito, che possono mettere a rischio la stabilità finanziaria e operativa delle aziende coinvolte. Tra le sue acquisizioni più famose ci sono quelle di RJR Nabisco, TXU, Toys R Us e First Data.
La maggior parte delle azioni di KKR sono detenute dai dipendenti e dai partner di KKR, che ne possiedono il 63,8%. Tra i maggiori azionisti esterni di KKR ci sono Capital International Investors, Vanguard Group, Blackrock, Harris Associates, Principal Financial Group e T. Rowe Price Investment Management. Tra gli azionisti individuali spicca il nome di Henry Kravis, uno dei fondatori e co-presidenti di KKR, che possiede il 13,5% delle azioni. Un altro azionista di rilievo è il generale David Petraeus, che dal 2013 è il presidente del KKR Global Institute, una divisione di KKR che fornisce analisi di rischio e geopolitiche agli investitori del fondo e aiuta KKR a identificare e valutare le opportunità di investimento in tutto il mondo.
KKR, inoltre, ha raccolto fondi da diversi tipi di investitori, tra cui fondi pensione, fondazioni, assicurazioni, sovrani, famiglie e individui ad alto patrimonio netto. Tra le fondazioni che hanno investito in KKR ci sono la Bill & Melinda Gates Foundation e la Ford Foundation. Tra le famiglie e gli individui ad alto patrimonio netto ci sono la famiglia Walton (proprietaria di Walmart) e il miliardario George Soros.
La nomina di Petraeus come presidente del KKR Global Institute, il braccio di consulenza strategica della società di investimento americana KKR, solleva interrogativi sulla natura e le finalità dell’operazione che vorrebbe acquisire la rete fissa di TIM, il principale operatore di telecomunicazioni in Italia. Petraeus non è un semplice uomo d’affari, ma un ex generale e capo della CIA che ha avuto un ruolo chiave in alcune delle più importanti missioni militari e di intelligence degli Stati Uniti negli ultimi decenni. La sua carriera militare, durata oltre 37 anni, lo ha portato a comandare le truppe americane e della coalizione in Iraq e in Afghanistan, dove ha attuato la strategia del Surge, ovvero l’aumento del numero di soldati sul campo per contrastare l’insurrezione.
Ha anche diretto il Comando Centrale degli Stati Uniti, responsabile delle operazioni militari in Medio Oriente, Asia Centrale e Africa Orientale. Dopo il suo ritiro dall’esercito nel 2011, è stato nominato direttore della CIA, l’agenzia di spionaggio americana, dove è rimasto fino al 2012, quando ha dovuto dimettersi a causa di uno scandalo sentimentale. Oltre a essere il capo del KKR Global Institute, Petraeus è anche coinvolto in numerose altre attività e organizzazioni che influenzano la politica e l’economia mondiale.
È membro della Commissione Trilaterale, un forum di dialogo tra leader politici ed economici di Europa, America e Asia, fondato nel 1973 da David Rockefeller; del Council on Foreign Relations, una potente associazione americana che promuove la politica estera degli Stati Uniti e che conta tra i suoi membri ex presidenti, ministri, giornalisti e accademici; dell’Aspen Strategy Group, un gruppo di esperti che si occupa di questioni strategiche globali e che organizza ogni anno il famoso Aspen Security Forum; dell’Atlantic Council, un think tank transatlantico che si occupa di questioni di sicurezza e cooperazione e che ha tra i suoi partner la NATO, il Dipartimento di Stato americano e vari governi europei; e dell’Institute for the Study of War, un’organizzazione che analizza i conflitti armati nel mondo e che ha tra i suoi finanziatori il Dipartimento della Difesa americano e varie società militari e di sicurezza.
Petraeus fa parte anche dei consigli di amministrazione di varie società, tra cui Optiv, una società di sicurezza informatica che offre servizi di protezione da attacchi informatici e cybercrime; OneStream, una società di software finanziario che offre soluzioni di gestione delle performance aziendali; e KKR, la società di investimento che ha offerto di acquistare la rete fissa di TIM per 6,7 miliardi di euro, una proposta che ha suscitato le preoccupazioni di attori politici ed economici ma non del governo italiano, a quanto pare.
La vendita della rete fissa di TIM a KKR non è ancora stata conclusa, ma è ancora in fase di negoziazione. Il Consiglio di Amministrazione di TIM ha accettato l’offerta vincolante di KKR, ma l’operazione è soggetta a diverse condizioni e autorizzazioni, tra cui il parere favorevole del Governo italiano, che ha il potere di esercitare i cosiddetti poteri speciali o golden power per salvaguardare gli interessi vitali dello Stato nei settori della difesa, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Inoltre, l’operazione è contestata da Vivendi, il maggiore azionista di TIM, che possiede il 23,9% delle azioni. Vivendi ha espresso il suo dissenso e la sua preoccupazione per l’operazione, definendola «una vendita di un asset strategico per il paese». La società francese ha sostenuto che la vendita della rete fissa a KKR avrebbe danneggiato il valore di TIM e la sua capacità di competere nel mercato delle telecomunicazioni. Ha anche accusato il governo Meloni di aver favorito KKR a discapito degli interessi nazionali e dei lavoratori. Vivendi ha anche minacciato di intraprendere azioni legali per tutelare i propri diritti e quelli degli altri azionisti di minoranza.
Se l’operazione dovesse andare in porto, avrebbe delle implicazioni geopolitiche sia a livello nazionale che internazionale. A livello nazionale, comporterebbe la perdita di controllo da parte dello Stato italiano di un’infrastruttura essenziale per la sicurezza e lo sviluppo del paese, che potrebbe essere vulnerabile a interferenze o attacchi da parte di attori esterni. Inoltre, l’operazione potrebbe avere degli effetti negativi sul mercato delle telecomunicazioni, sulla concorrenza, sulle tariffe e sulla qualità dei servizi offerti agli utenti.
A livello internazionale, rafforzerebbe la presenza e l’influenza di una società americana, KKR, nel settore delle telecomunicazioni in Europa, con possibili ripercussioni sulle relazioni transatlantiche e sulla cooperazione digitale. Inoltre, l’operazione potrebbe creare delle tensioni con altri paesi, come la Francia, che hanno interessi divergenti o contrapposti a quelli degli Stati Uniti nel campo della regolazione e della governance del digitale. Infine, l’operazione potrebbe avere delle conseguenze sul ruolo e sulla competitività dell’Europa nel contesto della rivalità globale tra gli Stati Uniti e la Cina per il dominio del digitale.
In conclusione, sembra che la fase di alienazione indiscriminata di asset strategici per il nostro paese non sia ancora finita. Dopo aver venduto la rete fissa di TIM a KKR, ci chiediamo quali saranno i prossimi obiettivi dei fondi stranieri. Forse i porti, le banche, la Borsa? Il Governo ha la facoltà di esercitare i cosiddetti poteri speciali o golden power per salvaguardare gli interessi vitali dello Stato nei settori della difesa, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, ma finora non li ha usati in modo efficace e anzi sta favorendo l’ulteriore smembramento del paese.
Inoltre, anche il settore finanziario è a rischio di infiltrazioni straniere, come dimostra l’interesse di Crédit Agricole e Bnp Paribas per le banche italiane. In questo scenario, Borsa Italiana Spa potrebbe essere lo strumento per veicolare alle risorse private alternative al debito pubblico e la nuova cinghia di trasmissione delle risorse finanziarie per il Paese, ma bisogna vigilare affinché non cada in mani sbagliate.