Le guerre contro i diversi da noi per razza, nazione, religione; l’eliminazione degli inferiori a noi, per evitare a tutti di sprecare soldi e tempo; l’odio e la violenza contro chi non somiglia a noi per sesso, età, nascita, al fine di selezionare i migliori. Queste aberrazioni del pensiero sono alla base delle orribili stragi che si riconducono soprattutto al nazismo del XX secolo ma che vengono denunciate ancora oggi nell’Africa (con le parole, tra gli altri, di Papa Francesco); nelle guerre europee recenti (ma anche nella pulizia etnica perpetrata negli anni ’90 da Milošević in Croazia, Bosnia e Kosovo, cioè a due passi dall’Italia); nelle idee che viaggiano sul web e che difendono, giustificano, negano o esaltano i crimini contro l’umanità.
Un paio di osservazioni in proposito.
Innanzitutto si noti che i concetti di razza, nazione, religione sono invenzioni dell’uomo, non esistono in natura e uno in particolare, quello di “razza”, non ha alcun fondamento scientifico, politico o sociale. In pratica non ha alcun senso.
Riguardo al concetto del noi e dell’altro, se si analizzano i proclami di chi esprime il desiderio di reprimere e sopprimere i propri simili, il “noi” dovrebbe riferirsi alla cosiddetta “nostra società civile”, cioè a una collettività individuata secondo pseudo-caratteristiche comuni di società e tradizione, che deve essere “ripulita“. Come? Attraverso l’odio, la violenza, la discriminazione, l’eliminazione del diverso.
Slogan, comuni alle “dottrine anti-umanità“, che servono a identificare sommariamente i nemici della società, del progresso, della razza. Del resto, è più facile convincersi che sia cattivo un essere umano con un altro colore di pelle e/o nato in un posto con tradizioni diverse, piuttosto che lo sia un compaesano, un vicino di casa, un proprio discendente diretto.
La normalità del male si nutre dell’acquiescenza e dell’indifferenza del cittadino medio, ma anche di un pensare “chiuso verso l’esterno” che mescola ignoranza e arroganza, frustrazione e rabbia da sfogare in violenza, con colpe da addossare a chi non appartiene al gruppo, alla “schiera eletta” alla quale ci si sente di appartenere.
Eppure la storia delle civiltà umane presenta tante vicende di uomini e donne che in politica, nella società, nell’arte, proprio in quanto diversi, hanno aperto nuove frontiere al pensiero umano.
Il male sotto forma di dittatura assassina può solo tranciare una fetta di umanità, destinata comunque a risorgere dalle sue ceneri e a rivolgere ancora e sempre al mondo parole di dialogo e di accoglienza.
Per questo motivo, ad esempio, una ragazzina di neanche quindici anni, Anna Frank, uccisa solo perché “colpevole di esistere”, continua a trionfare sui suoi aguzzini ridotti a polvere indistinta. Anna, attraverso il suo diario Kitty, continua a parlarci e a incitarci a riflettere, a provare la passione e il piacere di vivere. Dai suoi scritti traspare una ragazzina come tante, che si arrabbia, che non risparmia critiche neanche ai suoi genitori, che è angosciata ma che soprattutto è sempre pronta ad aprirsi al sorriso, alla scoperta del mondo attraverso i propri pensieri e alla consapevolezza che un futuro migliore è sempre possibile, poiché la malvagità può essere combattuta e vinta in qualunque situazione.
Il messaggio che oggi si può ricavare da chi ha combattuto e denunciato gli orrori del passato e del presente è di incitamento ad abbattere le barriere mentali che ci impediscono di realizzare il nostro essere uomini, capaci cioè di rispettare e dialogare con l’altro senza pregiudizi o preconcetti.
In definitiva, il diverso non è più colui che ha atteggiamenti o provenienza differente dagli standard sociali, ma colui che non è in grado di concepire l’altro come compartecipe di un percorso di crescita nel dialogo e nel rispetto delle differenze, essenziale non solo per il miglioramento del vivere comune ma per la preservazione stessa del pianeta.