Scompare l’ultimo leader capace di dire la verità.
I commenti sulla figura di Silvio Berlusconi si sono sprecati, la maggior parte per ricordarne la figura imprenditoriale e politica alcuni per denigrarlo anche dopo la morte.
È questo un segnale del degrado della politica: gli avversari in politica ci sono sempre stati e fa parte della democrazia che ci siano. I nemici, no.
Quando davanti alla morte si continua con un comportamento accusatorio, si scade nel cattivo gusto.
Al di là delle opinioni che ognuno di noi può essersi fatto su Silvio Berlusconi, va reso omaggio all’imprenditore e all’uomo politico che ha avuto il coraggio di mettere a repentaglio la propria vita per realizzare i propri sogni.
Va reso omaggio all’unico politico capace anche negli ultimi tempi di assumere delle posizioni non allineate al pensiero unico.
Va riconosciuta la capacità di cambiare completamente il panorama della vita politica italiana. Quello che poi ha fatto nella propria vita privata è affar suo: qualcuno qualche tempo fa ebbe a dire “scagli la prima pietra chi è senza peccato”.
Ma quello che ha subito Silvio Berlusconi attraverso un sistema giudiziario utilizzato come una clava da certa parte politica, spesso accade anche a persone meno conosciute che, quando entrano nel girone infernale di una giustizia ingiusta, si vedono distrutta la propria vita.
Personalmente non ho mai votato Silvio Berlusconi, ma ho sempre avuto profonda stima per quello che ha rappresentato nel panorama della politica internazionale e italiana.
Sicuramente alcune delle promesse elettorali non le ha mantenute, ma forse che qualcuno ha mai rispettato le promesse che ha fatto in campagna elettorale?
Silvio Berlusconi è stato l’ultimo tra i leader politici di rilievo che si è permesso ogni tanto di dire la verità, perché probabilmente non apparteneva a quella cerchia mondiale che vuole costruire il nuovo ordine e perché era sufficientemente potente da poterselo permettere.
Anche mettendo in imbarazzo il regime come ebbe a fare con le sue esternazioni sulla Russia di Putin.
Qualunque sia il pensiero che abbiamo su di lui, se ne va una persona che ha segnato gli ultimi trent’anni di questo paese: ora il rischio è che rimangano solo gli allineati al nuovo ordine mondiale.
Se avessi potuto votarlo a 14 anni lo avrei fatto, poi invece non l’ho mai sostenuto politicamente, cosa di cui non mi vanto né me ne faccio una colpa.
Anche io sono stato vittima, tra i miei 25 e 35 anni, di quel giustizialismo sfegatato che lo dipingeva come l’uomo da (ab)battere e come il male assoluto dell’Italia. Quel giustizialismo senza se e senza ma che ha chiuso (e a fatto chiudere in maniera programmata) gli occhi a una sostanziosa parte di questo Paese mentre il grosso della classe politica si prostrava, per convenienza o più spesso per mancanza di attributi, a quel disegno che ci ha portati dove siamo ora.
Non lo dipingerò come un santo, a questo mondo non credo ve ne siano. Credo che sia molto facile giudicare senza prima guardarsi dentro e capire che, se siamo dove siamo, è sempre colpa nostra.
E non dimentichiamo, prima di emettere sentenze, che noi siamo anche le persone da cui siamo (o veniamo) circondate.
Ammetto però che non avrei mai immaginato mi sarebbe dispiaciuto così tanto della sua dipartita.