Il contesto attuale
L’irrisolta questione di reciproco riconoscimento tra Serbia e Kosovo rischia di far scoppiare un nuovo conflitto al centro della penisola balcanica. Questo rappresenta un grande pericolo potenziale per il nostro paese che si troverebbe con un conflitto militare a poche centinaia di chilometri dai propri confini con un conseguente enorme afflusso di profughi verso i paesi UE. La Serbia negli ultimi mesi ha minacciato più volte di essere disposta all’intervento militare per “proteggere” i diritti della minoranza serba presente nel nord del Kosovo, ciò sarebbe un attacco diretto contro la Nato e porterebbe, probabilmente, a un rapido allargamento del conflitto coinvolgendo paesi al di fuori della penisola balcanica.
La contesa tra i due paesi blocca, in particolare per il Kosovo, il tragitto di integrazione nell’Unione Europea e in altre organizzazioni internazionali poiché la Serbia, grazie in particolare al potere di veto della Russia sua stretta alleata all’interno dell’ONU, si oppone al riconoscimento del paese e alla conseguente normalizzazione dei rapporti diplomatici. Nella vita reale delle persone questo si ripercuote sull’emissione di passaporti, riconoscimento di titoli scolastici e – come nel caso che ha riacceso la crisi a febbraio – nel reciproco riconoscimento delle targhe automobilistiche nazionali. La contesa girava attorno al fatto che il Kosovo permetteva l’entrata nel paese a veicoli con la terga serba ma al contrario la Serbia non permetteva l’entrata a veicoli riportanti la dicitura “Repubblica del Kosovo”. Quando il governo di Pristina ha tentato di applicare una norma che prevede per i veicoli serbi l’applicazione di una targa temporanea kosovara (come avviene a parti inverse in Serbia) Belgrado e la comunità serba del nord del paese hanno risposto con forza.
Pericolo di escalation sempre presente ma contenuto
Durante le proteste scoppiate nelle regioni settentrionali del Kosovo, decine di militari della Forza internazionale militare NATO (KFOR) presente nel paese sono rimasti feriti. La missione KFOR conta circa 3.500 militari che stazionano regolarmente in Kosovo per garantire la pace e promuovere la stabilità della regione. In essa numeroso è il contingente italiano che negli ultimi anni era composto da un numero compreso tra 500 e 800 carabinieri.
La minaccia serba dell’utilizzo della forza per proteggere la minoranza serba è sicuramente da prendere in considerazione ma realisticamente è abbastanza improbabile che questo si trasformerebbe in un conflitto mondiale. Per quanto la Russia sia una stretta alleata della Serbia, da lì a scendere effettivamente in guerra sarebbe un passo più lungo della gamba per Putin e per l’esercito russo che già nella guerra in Ucraina ha evidenziato grandi limiti di organizzazione ed efficienza.
Ruolo Europeo e italiano
Infine, questa contesa ormai ultradecennale tra i due stati balcanici può essere una grande opportunità per l’UE e l’Italia. Se si trovasse un accordo che sbloccasse la situazione e favorisse entrambe le parti, l’Unione Europea farebbe un enorme passo avanti nell’inserimento di questi due paesi all’interno dello spazio comune. Allo stesso tempo questo metterebbe la parola fine all’influenza russa in Serbia, già abbastanza morente in realtà, e soprattutto metterebbe almeno in parte un freno all’influenza economica cinese nella regione.
In sostanza il contesto balcanico caratterizzato dalle storiche rivalità politiche e differenze etnolinguistiche, offre allo stesso tempo problemi e opportunità per il nostro paese che ha storicamente ambito a proiettare il proprio soft power sulla penisola balcanica con alterni risultati. Sicuramente la definitiva integrazione nella comunità europea rimuoverebbe una potenziale spina nel fianco del nostro paese eliminando quasi del tutto la possibilità dello scoppio di un conflitto militare nell’area, pur restando il fatto che permarrebbero divergenze tra i diversi paesi le quali verrebbero però affrontate esclusivamente a livello diplomatico come già accade all’interno dell’UE.
Immagine bandiera Kosovo senza copyright
Daniele Atzori