La nuova guerra che colpisce Israele infiammando il Medio Oriente dovrebbe farci aprire gli occhi su quanto sta accadendo.
I fatti cui stiamo assistendo in questi giorni sono gravissimi.
Un attacco terroristico feroce di cui non è ancora ben chiara la portata.
Le analisi sulle cause, sulle mancanze dei servizi di sicurezza israeliani, sulle possibili ripercussioni in tema di energia e di rapporti geopolitici hanno riempito giornali e trasmissioni televisive.
Qui vorremmo considerare un altro aspetto: il ruolo del fondamentalismo islamico.
È indubbio che dietro i più efferati atti di terrorismo ci siano le organizzazioni islamiche: Isis, Al Qaeda, Hamas sono le sigle più conosciute. Quello che sta accadendo in questi giorni ha superato anche l’11 settembre, con l’attacco areo alle torri gemelle: qui siamo di fronte a uccisioni gratuite di donne, bambini, anziani, a sequestri di persone tenute in ostaggio e utilizzate come scudi umani. Questa non è una guerra tra eserciti.
Non si può certo generalizzare, affermando che ogni persona che professa la fede islamica è un terrorista, ma certo è che i più eclatanti atti di terrorismo sono stati effettuati da militanti islamici.
Il fondamentalismo non è una novità, nasce da lontano, ma oggi più che mai dovrebbe preoccupare chi ha a cuore la libertà perché la velocità negli spostamenti e nella comunicazione fa sì che nessuno possa sentirsi al sicuro.
Quello di Hamas non può essere considerato un atto terroristico a sé stante: l’organizzazione e la potenza di fuoco dimostrata presuppongono una accurata organizzazione che ha avuto bisogno di tempo e soprattutto di disponibilità economiche, di armi, di paesi che hanno appoggiato, se non promosso una tale azione efferata.
Dimostra anche un totale fallimento della politica che non è stata capace di capire e prevenire il fondamentalismo islamico.
Oriana Fallaci, a suo tempo, aveva denunciato con estrema lucidità il futuro dell’Europa minata dall’Islam.
Oggi quella che sembrava fantapolitica si sta manifestando in modo atroce e indiscutibile.
Senza ripercorrere tutta la storia soffermiamoci solo a questo ultimo anno.
Partiamo dal conflitto Russia-Ucraina e osserviamo i fatti più evidenti: la ripresa dei colpi di stato in Africa in quei paesi a più forte presenza musulmana, l’invasione migratoria verso l’Italia, la pulizia etnica nel Nagorno Karabakh dove circa 120 mila cristiani armeni sono stati costretti a lasciare le proprie case in mano ai miliziani dell’Azerbaijan, le repressioni nell’Iran.
Ora Hamas, che non rappresenta la causa palestinese, sta compiendo un genocidio impedendo agli stessi palestinesi di poter abbandonare la striscia di Gaza.
Fino a alcuni anni fa, quando accadevano fatti drammatici in Israele che portavano a reazioni militari pesanti, erano le piazze di Algeri, Egitto, Damasco, Tripoli a infiammarsi. Ora invece accade che le piazze che si incendiano sono quelle di Berlino, Londra, Parigi, Milano.
E chi manifesta contro Israele è evidente che sta dalla parte di Hamas, dalla parte di chi uccide con metodi efferati bambini e anziani, con chi usa i civili anche di paesi europei come ostaggi.
E l’Europa dove sta? Quell’Europa che ha finanziato in questi anni la causa palestinese non sembra capace di reazioni adeguate.
Sembra ci sia imbarazzo a chiamare quello che sta accadendo con il suo nome e agire di conseguenza, o forse finalmente si è capito che siamo di fronte a dinamite da maneggiare con cura, o a un tumore che, in assenza di un intervento deciso e drastico, potrebbe trasformarsi in metastasi.
Purtroppo Hamas è sostenuto da quei paesi che negli anni passati hanno investito petrodollari nel nostro paese e ora ci viene presentato il conto. Nulla viene dato gratis, tanto meno il denaro.
Si è creata una rete di accoglienza verso masse di religione musulmana, cui più di qualcuno ha strizzato gli occhi in Europa per motivi anche elettorali.
Ed è giunto il momento di rivedere con urgenza le politiche migratorie e le scelte dei partner strategici.
Si stanno sviluppando degli accordi commerciali con l’Algeria, per staccarci dal gas della Russia. Fermo restando che la società del gas algerino è partecipata dalla Gazprom di Mosca ci stiamo mettendo nelle mani di paesi che probabilmente fiancheggiano il fondamentalismo.
Si sta navigando a vista o c’è una visione politica precisa? E se c’è, qual è?
Non è il momento di attendere gli eventi ma di prevenirli difendendo i nostri confini, la nostra economia, la nostra cultura.
Da mezzo secolo l’Europa «pianifica» con i paesi della Lega Araba la fusione delle due sponde del Mediterraneo in un nuovo, mostruoso agglomerato che Oriana Fallaci aveva suggestivamente denominato «Eurabia»
Un progetto, perseguito con coerenza attraverso il cosiddetto «Dialogo Euro-Arabo» che ha portato alla graduale, ma inesorabile trasformazione del continente europeo in un ibrido asservito alle esigenze politiche e agli standard culturali del mondo arabo. Tutto ha avuto inizio con la crisi petrolifera del 1973 e con l’ambizioso progetto, soprattutto francese, di costruire un asse geopolitico e ideologico alternativo a quello americano e atlantico. In un arco di tempo relativamente breve l’Europa ha sacrificato la sua indipendenza politica, oltre che i suoi valori culturali e spirituali, in cambio di garanzie che si stanno dimostrando del tutto illusorie contro il terrorismo e di qualche vantaggio economico.
Il bilancio come possiamo vedere in questi giorni è drammatico. Questa politica ha condotto alla mancata integrazione degli immigrati musulmani, al proliferare di cellule terroriste islamiche in tutto il continente, al ripudio da parte dell’Europa delle sue radici ebraico-cristiane e al conseguente stravolgimento della sua identità culturale, religiosa ed etica.
Se ce n’era bisogno, oggi Hamas sta suonando la sveglia, apriamo gli occhi e diciamo basta all’accoglienza indiscriminata e al politically correct.
Foto di Shamsher Ali Khan Niazi da Pixabay